fonte: Bresciaoggi, 28 novembre 2009
Iseo. La «fabbrica del pesce» si farà alle Polle di Clusane
Cambio di localizzazione: l’ittiogenico via dalle Torbiere. Ripopolamento con 6 milioni di coregoni
ISEODiscusso da tempo dagli esperti, il problema della realizzazione di un nuovo incubatoio ittico sul Sebino ha fatto nei giorni scorsi un importante passo in avanti: la «fabbrica del pesce» d’acqua dolce non si farà più all’interno della riserva delle Torbiere, ma con ogni probabilità alle Polle di Clusane d’Iseo.
L’Assessorato alla pesca della Provincia di Brescia ha rinunciato al suggestivo progetto che prevedeva la realizzazione della struttura nell’area Zumbo, a Provaglio, in coabitazione con la nuova sede del Consorzio di gestione della riserva, tornando invece a orientare le sue scelte sulla zona prediletta dai pescatori sebini, ossia la grande area umida dell’entroterra clusanese, dove è in corso un recente studio di fattibilità.
La nuova prospettiva
La nuova area, ricca di sorgenti, che secondo gli allevatori più esperti sarebbe anche fornita di acqua con caratteristiche più idonee allo sviluppo delle uova e degli avannotti, è stata individuata ancora una volta nella pregiata area naturale che già ospita l’incubatoio provvisorio, su un’area di proprietà della Cooperativa Isparo, ma distante dalle altre strutture della stessa Cooperativa sociale. La nuova costruzione sarà indipendente, dotata di parcheggi, accessi e spazi di lavoro esclusivi.
Un vantaggio indiscutibile rispetto a quanto prospettato nel progetto «in Torbiera» sarà dato dagli spazi destinati a ricevere le vasche per gli avannotti e i boccioni con le uova, distribuibili su ben 300 metri quadrati piuttosto che sui preventivati 160 metri, quindi con una possibilità di produzione di pesce sicuramente maggiore, sia per quantità che per tipologia.
Con alcune specie ittiche in difficoltà da qualche anno, ampliare le attività del nuovo incubatoio potrebbero consentire anche interventi mirati per la ricostituzione delle colonie sempre meno numerose, come le tinche e le alborelle.
I tempi di realizzazione
Quali i tempi di realizzazione? Considerato che lo studio di fattibilità per valutare l’idoneità dell’area e le condizioni del suo acquisto è già iniziato, l’incubatoio potrebbe essere pronto per la fine dell’anno prossimo, quindi in grado di muovere i primi passi per la «campagna» ittiogenica 2010-2011.
Dai dati diffusi dall’assessore Alessandro Sala durante l’annuale incontro con i membri della V Commissione, emerge che nell’ultimo intervento di ripopolamento (partecipato dagli indispensabili volontari dell’associazione Sebino-Franciacorta, dai pescatori professionisti bresciani e bergamaschi e dalla Polizia provinciale ittico-venatoria) nel lago d’Iseo sono stati liberati circa 6 milioni e mezzo di coregoni, accompagnati da almeno 500mila cavedani e 160mila lucci. Il ripopolamento messo in atto dalla Provincia di Brescia è affiancato da quello altrettanto delicato e prezioso della Provincia di Bergamo con il salmerino, un pesce dalle carni prelibate presente in discrete quantità fino all’inizio degli anni 80, ma in seguito quasi del tutto scomparso.
I limiti da correggere
Proprio l’attività ittiogenica ha trovato però recentemente nella zona dell’Iseo alcuni limiti, dovuti alla mancanza di potenzialità dell’impianto provvisorio. La necessità di intervenire con ripopolamenti delle acque, rende necessaria una produzione di coregone lavarello nettamente superiore rispetto a quella attuale, ma anche la presenza di funzioni e progetti in grado di accrescere con efficacia la presenza nel lago di trote, lucci, barbi, lasche, persici, cavedani e alborelle. In sostanza ora si pongono le premesse per il rilancio dell’attività ittiogenica sul sebino.
Gli impianti bresciani
L’incubatoio ittico è una sorta di fabbrica del pesce, indispensabile per il settore della pesca dei nostri laghi maggiori, ma anche per mantenere in salute e pescosi fiumi, torrenti, seriole e laghetti. Nel bresciano sono attivi due incubatoi capaci di grosse portate di lavoro: quello di Desenzano del Garda e quello di Clusane d’Iseo. A questi si affiancano quello veronese di Bardolino, che alimenta le acque gardesane, e alcuni di piccole dimensioni gestiti da associazioni di pescatori e pescasportivi, come quelli di Tremosine, Ponte Caffaro (gestito dall’associazione pescatori Lago d’Idro) e Casto (quest’ultimo ospita pesce solo per l’accrescimento) capaci di produrre alcune decine di migliaia di avannotti. Quest’anno ad esempio, la collaborazione Ponte Caffaro-Casto ha consentito di ripopolare i fiumi Chiese, Nozza, Bagolino e il lago d’Idro con circa 100mila esemplari di varie specie, soprattutto trote fario. La moderna struttura di Desenzano nel 2009 ha lavorato circa 60 milioni di pesci. La sua superficie è di 660 metri quadrati, con una sala incubatoio di 275 metri.
Flavio Archetti
Nota de La Schiribilla:
l’incubatoio ittico provinciale è inserito fra le opere ammesse nell’area ex-Zumbo
nel Piano della Riserva approvato dal Consorzio e ora in itinere in Regione per l’approvazione definitiva.
La Schiribilla e Legambiente nelle osservazioni* al nuovo Piano avevano respinto, motivandola, tale ipotesi.
*A parte l’oscura e complicata vicenda edilizio-urbanistica di quest’area, interessata nel 2007 anche da una variante al Piano (D.G.R. Lombardia n VIII/ 5284, su cui pende ricorso al T.A.R), si osserva che non risponde a nessuna esigenza legata ad una migliore conservazione del sito prevedere in Riserva che i volumi esistenti, aventi in origine la più compatibile caratteristica della ruralità (residenziale/agricolo), vengano ora destinati ad usi meno congruenti e più invasivi per lo svolgimento di attività terziarie/dirigenziali (la sede amministrativa/operativa del Consorzio, in una situazione logistica non certo funzionale nemmeno all’esercizio dei compiti specifici), e in aggiunta, rispetto alla variante del 2007, localizzare anche l’insediamento dell’incubatoio ittico; tutte destinazioni che comportano un considerevole aumento del carico insediativo con tutte le conseguenze, dirette e indirette, dello stesso (accrescimento della frequentazione antropica, traffico motorizzato per l’incubatoio, aumento di fonti rumorose, luminose ecc…).
Se da una parte è molto apprezzabile lo sforzo fatto in passato per “liberare” l’area dall’allevamento avicolo responsabile di gravi alterazioni dell’ambiente naturalistico, dall’altra, trattandosi di immobili e aree diventati di proprietà pubblica, ci si attende che la riconversione sia finalizzata verso destinazioni d’uso maggiormente attinenti alle finalità della Riserva Naturale, e non per attività amministrative o di rappresentanza, che ben possono essere svolte altrove.
Gli interventi proposti invece, non supportati da alcuna motivazione, vengono ad essere concentrati in prossimità di specchi d’acqua dove nel contempo il Piano individua (v. Tav.2 – modifiche cartografiche) un ragguardevole e positivo ampliamento della zona A, la più pregiata, e proprio dove la tavola 3 identifica una zona a valenza idrobiologica da acquisire prioritariamente da parte del Consorzio.
Sarebbe molto più confacente l’ipotesi, prospettata sin nel Piano del 1988, di insediare la sede del Consorzio di Gestione nel Monastero di San Pietro in Lamosa.
Ricordando che la presenza di un SIC/ZPS obbliga al mantenimento in uno stato di conservazione adeguato degli habitat e delle specie per cui il sito è stato individuato, in relazione al patrimonio edilizio esistente, si chiede:
a) vengano ridimensionati i volumi esistenti, utilizzando in loco solo la cubatura strettamente indispensabile per la realizzazione del magazzino connesso all’ attività di manutenzione del Consorzio
b) i volumi restanti vengano recuperati traslandoli in Comune di Provaglio, per la realizzazione della nuova sede del Consorzio, localizzandoli in un sito più idoneo a svolgere tali funzioni
c) riqualificazione dell’area non ancora bonificata; che potrebbe essere destinata ad attività finalizzate ad una miglior conoscenza del sito, quali orto botanico, torrette di osservazione, sito idoneo ai limicoli.